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In una delle più ampie vallate della costa d’Amalfi sorge la città di Maiori. Essa, di assai remota e splendida origine, fu parte molto rilevante dell’antica e gloriosa Repubblica Amalfitana. <<... in Majori erano i cantieri, gli arsenali, la stazione delle flotte; quivi le rappresentanze marittime, piazza d’arme, ..., i più imponenti fortilizi>> (F.Cerasuoli).

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In una terra ove il mito e la storia si fondono nella stessa mirabile armonia delle sue bellezze naturali, ove Ulisse fu insidiato dalle sirene nei pressi dell’attuale Positano e dove Wagner, nei giardini di Villa Rufolo a Ravello, collocò il mitico "giardino di Klingsor", anche Maiori affonda le proprie radici nelle nebbie di un passato glorioso ma incerto. Plinio la fa discendere dalla dea Maja, progenitrice di Virgilio, ipotesi convalidata da Ovidio e dallo stesso Virgilio.

Altre fonti, sempre di matrice fantastica, vorrebbero infine che i Greci avessero innalzato un tempio a Maiori alla Dea Boxstura (sappiamo per certo, invece, che queste zone restarono escluse nellVII e VI sec. a.C. dalla colonizzazione della Magna Grecia) e che addirittura Ercole si fosse fermato ai piedi del Falerzio ( presso l’attuale frazione di Erchie vi era un tempio a lui dedicato).

Al di là del fascino del mito e della poesia, i primi insediamenti in realtà seguirono le alterne vicende delle popolazioni indigene colonizzate dagli Etruschi e poi definitivamente dai Romani.

Furono appunto i patrizi della Roma Imperiale a cogliere per primi la vocazione turistica della Costa d’Amalfi come testimoniano i resti, rinvenuti nella vicina Minori, di una villa romana del I secolo d.C., tipico insediamento climatico-turistico dell’epoca con accesso diretto al mare come quelli di Positano e Capri.

Lo storico locale F. Cerasuoli ipotizza che Maiori potrebbe essere stata l’antica città estrusca di Cossa, traducibile in Boxa o Possa, e latinizzata successivamente in Posula, primo centro della città poi divenuto un suo villaggio, l’attuale contrada di S. Pietro in Posula dove tra l’altro era un tempio dedicato al dio etrusco Vertumno distrutto dagli abitanti della città nel IV d.C. con l’avvento del Cristianesimo.

E’ notevole il fatto, a sostegno di tale ipotesi, che la piazza davanti alla chiesetta di S. Pietro, fino a pochi decenni or sono, portava infatti il nome di Piazza Vertunno (volgarizzazione di Vertumnus). Inoltre ancora il Cerasuoli cita la scoperta casuale a Maiori, intorno al 1835, di un sepolcro in cui erano conservati grandi vasi di foggia etrusca che andarono distrutti per incuria durante le operazioni di scavo.

Lo stesso Cerasuoli, però accantonando questa prima suggestiva ipotesi, dà per certo che il nome dell’antica città fosse Reghinna, dal nome del lucumone etrusco che la fondò, e da cui prese il nome anche il piccolo torrente che l’attraversava. È quindi da ritenersi che al nome Reghinna, nella successiva epoca romana, sia stato aggiunto l’aggettivo Major per distinguere il torrente da quello del comune limitrofo (Minor). In seguito il nome Reghinna scomparve e l’aggettivazione Major si trasformò nell’attuale nome della città: Maiori.

E’ da notare infine, a convalida dell’ipotesi del Cerasuoli, che la zona costiera del Salernitano, tra il VII e VI sec. a.C., fu l’unica regione in cui si ebbe uno sviluppo culturale della civiltà etrusca parallelo a quello dei centri veri e propri dell’Etruria (Toscana e Lazio).

Infine da citare l’ipotesi (A. M. Fresa), non in contrasto con quella del Cerasuoli, che Maiori fosse stato il rifugio dei superstiti dell’antica e prestigiosa città etrusca di Marcinna (molto probabilmente l’attuale Vietri sul Mare), distrutta da un cataclisma alluvionale o da un saccheggio, e che la tradizione tramandata per generazioni della loro indiscutibile perizia nautica sia divenuto, dieci secoli dopo, uno dei presupposti fondamentali per la fondazione della prima Repubblica Marinara d’Italia.

Maiori è quindi ritenuta, per consolidata tradizione storiografica, di antichissime origini risalenti agli Etruschi proprio per la desinenza "inna" di chiara derivazione Osca dell’antico nome Reghinna.

 

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